12 ottobre 05
Nel mondo ci sono 3 miliardi di poveri. Lo dice l’Onu, proponendo politiche per la famiglia molto discutibili. E noi che cosa facciamo ?
Quasi la metà della popolazione mondiale, circa 3 miliardi di persone, vive in condizioni di povertà. E’ quanto denuncia il rapporto sullo stato della popolazione 2005 tracciato dell'agenzia dell'Onu, Unfpa,. Nel rapporto si stima che la popolazione complessiva del pianeta passerà dagli attuali 6,1 miliardi a 9,1 miliardi nel 2050.
L'aumento sarà consistente nei 50 paesi più poveri del pianeta (dove ora vive l'85% delle persone tra i 15 e 24 anni) che vedranno addirittura raddoppiare la loro popolazione. Record attuale per la generazione under 25 che è la più numerosa della storia: circa 3 miliardi di individui.
Oltre 500 milioni di giovani (il 70% in Asia) vivono in povertà con meno di 2 dollari al giorno. I giovani sono poi la metà dei disoccupati nel mondo.
Alcuni dati dell’Unfpa: un caso su tre di morte o malattia di una donna è conseguenza di problemi di salute sessuale e riproduttiva. A causa di questi problemi, si perdono ogni anno 250 milioni di anni di vita produttiva.
L'Unfpa si sofferma sui problemi di salute riproduttiva che dice - sono "il risultato dell'impatto della povertà e della discriminazione di genere sulla vita delle donne" con evidente e concreta ricaduta in tutta la vita collettiva.
Altri dati: mezzo milione di donne muore ogni anno per cause legate alla gravidanza e al parto; per ogni donna che muore per questi motivi altre 20 soffrono di invalidità o malattie, per una cifra che va dagli 8 ai 20 milioni ogni anno; si contano 76 milioni di gravidanze indesiderate ogni anno nei soli paesi in via di sviluppo; ogni anno circa 14 milioni di adolescenti fra i 15 e 19 anni diventano madri, con tutti i rischi sanitari e sociali che questo comporta e si stima che nei prossimi 10 anni circa 100 milioni di adolescenti saranno costrette a sposarsi prima dei 18 anni; circa la metà delle persone che vivono con l'Hiv sono donne. (dei 17 milioni di donne, di età fra i 15 e 49 anni, il 98% è nei paesi in via di sviluppo).
Miglioramenti al tasso di mortalità delle madri sono stati ottenuti in Asia sud-orientale, nel nord-Africa e in Asia orientale. In particolare, ad esempio, in Bangladesh, Bolivia, Cina, Cuba, Egitto, Honduras, Tunisia, Malesia, Sri Lanka. Nessun cambiamento invece in Africa sub-sahariana, dove meno del 40% delle donne partorisce con un'assistenza specializzata. Stretto il legame tra salute della madre e del neonato: dei 130 milioni di bambini che nascono ogni anno 4 milioni muoiono nel primo mese di vita. Il 99% delle morti neonatali avvengono nei paesi a reddito basso o medio e quasi la metà avvengono a casa. L'Unfpa ricorda che "la pianificazione familiare è un diritto umano ed è essenziale per l'empowerment delle donne". Essa può evitare dal 20 al 35% di tutte le morti materne. Ma non è precisato che cosa si nasconda dietro queste parole. Noi sappiamo che la pianificazione familiare ha sempre significato aborto e controllo delle nascite. Apparentemente può essere la ricetta giusta per limitare il numero di bocche da sfamare. Ma solo apparentemente, appunto. Perché nella realtà è una misura che serve a distogliere l’attenzione dal vero problema, che non è quello di impedire ai bambini di venire al mondo, né di costringere le loro madri ad abortire, ma di ridistribuire meglio e in misura adeguata la risorse del mondo.
Chi punta alla pianificazione familiare ha già deciso in partenza di non affrontare il problema dei poveri, che non è quello di essere sterminati all’origine della loro vita, ma quello di sostenerli, di dare loro un giusto aiuto, di creare le condizioni per l’accoglienza della vita e non per la sua distruzione. Certo, aiutare la vita costa più che distruggerla, impegna il portafogli ma anche la coscienza, costringe a fare i conti con i beni superflui, obbliga a confrontare il nostro sistema di vita con quello di popoli più sfortunati.
Di fronte alla realtà non c’è pianificazione che tenga, di fronte alla povertà occorre rimboccarsi le maniche e fare la propria parte. Ma nessuno si spaventi, nessuno pensi che la questione riguarda i grandi Paesi, le grandi banche, gli organismi internazionali, gli Stati. No, con i mega progetti contro la povertà, e con le spese faraoniche che talvolta ne derivano, spesso si ingrassano soltanto profittatori e furbi.
Ognuno di noi può fare la sua parte sostenendo come può i missionari anzitutto, che nel silenzio e nella serenità della fede costruiscono ogni giorno pezzi di futuro e aprono sentieri di pace e di amicizia, laddove spesso c’è solo il nulla. In posti dimenticati da tutti, ma non dai missionari, nascono ospedali e scuole.
Ma ognuno di noi può sostenere anche le associazioni, le ong, i singoli volontari che operano in terre lontane per costruire qualcosa di buono, per aiutare la vita a essere accolta, per aiutare le donne a partorire in salute, e non a abortire; per portare da mangiare e istruzione e medicinali laddove servono. Per creare sviluppo in loco, valorizzando risorse e talenti.
Quei 3 miliardi di poveri conteggiati dall’Onu non sono solo i poveri dei paesi in via di sviluppo, sono anche quelli che vivono nelle nostre città, sono gli immigrati clandestini e no, che spesso non trovano da mangiare e dove dormire; sono i bambini degli immigrati; sono molti nostri anziani che non ce la fanno con le pensioni; sono molte famiglie rimaste senza reddito o con troppe bocche da sfamare. Di fronte a tutte queste povertà non ci si può girare dall’altra parte. Chi possiede di più dia di più. Chi possiede poco, dia quel che può. Di fronte alle pianificazioni dell’Onu, preferiamo la mano tesa di un fratello ad un altro fratello. Perciò vogliamo prendere in parola quanto sostiene l’Unfpa: duecento miliardi di dollari è il costo necessario per 'fare della poverta' solo un ricordò da qui a 10 anni. Appena 35 centesimi al giorno per ogni povero; 35 centesimi di euro al giorno da investire per ogni individuo che viva sotto la soglia di povertà per i prossimi 10 anni. Il tempo delle parole è finito, è venuto il momento di agire: cominciate a stanziare almeno 35 centesimi al giorno e destinateli ai poveri.