WOJTYLA: ORE DI CODA PER UNA PREGHIERA SULLA SUA TOMBA

 

22 mar 06 - Affrontano compostamente la lunga coda, che quasi ogni giorno circonda l'intera Piazza San Pietro costeggiando il Colonnato del Bernini. Si sottopongono di buon grado alla barriera dei metal detector per i controlli antiterrorismo. Con qualunque tempo. Poi scendono nelle Grotte della Basilica per il pellegrinaggio sulla tomba di Giovanni Paolo II. In tutto questo primo anno dalla morte non si è mai arrestato il serpentone dei fedeli, con un afflusso almeno pari a quello per il sepolcro dell'apostolo Pietro, posto a pochi metri di distanza.

   Gruppi da ogni parte del mondo, pellegrini giovani e anziani, di tutte le razze e tutte le lingue, ex-papaboys, religiosi e religiose, semplici turisti, anche non cristiani, rimasti legati alla memoria del Papa polacco: nessuno rinuncia a portare la propria testimonianza e preghiera davanti a quella spoglia lastra di marmo - con la scritta ''Ioannes Paulus PP.II 16-X-1978 2-IV-2005'' - sotto la quale riposa il Pontefice che ha cambiato il corso della storia e che ha segnato la vita di intere generazioni di cattolici. Nei primi mesi i fedeli in pellegrinaggio alla tomba erano una media di 23 mila al giorno. Una flessione c'era stata nei mesi successivi, ma con una sensibile ripresa durante i ponti festivi, a ridosso del Natale e, poi, nell'approssimarsi del primo anniversario della morte.

   La sera del 2 novembre scorso, giorno della Commemorazione dei Defunti, anche papa Ratzinger era sceso nelle Grotte Vaticane per pregare sulla tomba del suo predecessore e degli

altri Papi lì sepolti, così come aveva già fatto il 19 aprile, pochi minuti dopo la sua elezione al soglio di Pietro. Ma quello che non si è mai fermato è il fiume delle migliaia di pellegrini, per i quali una sosta davanti alla lapide di Wojtyla è diventato un ''must'' del loro viaggio a Roma.

   ''Ha fatto tanto per noi - dice per esempio Maria Asuncion, giunta fin dalle Filippine con un gruppo della propria comunità parrocchiale -, è stato un punto di riferimento nella

testimonianza della fede per tutti i credenti, e il minimo che possiamo fare è venire a pregare sulla sua tomba''. Per molti il Pontificato di Wojtyla è parte determinante del proprio percorso esistenziale. ''E' il 'nostro' Papa - spiegano Alberta e Ilaria, studentesse ventenni arrivate dalla Puglia -, siamo cresciute con lui. Eravamo qui anche nei giorni dell'agonia e della morte e da allora ci sentiamo sicuramente più sole''.

   E' il popolo del ''santo subito'', quello che attende con trepidazione l'esito della causa per elevare Karol Wojtyla all'onore degli altari. E non sono pochi quelli che davanti alla tomba si soffermano a chiedere una grazia, magari per qualche parente malato. ''Ho un fratello che è molto grave - racconta Agneszka, 46 anni, polacca di Lodz - e sono sicura che il nostro caro Giovanni Paolo potrà aiutarlo e intercedere per lui''.

   ''Qui a Roma - riferisce Giorgio, venuto dalla provincia di Nuoro - avevo due priorità: vedere l'attuale Papa nell'udienza generale e visitare la tomba del precedente, e sono contento di

aver potuto fare entrambe le cose''. Gli addetti alla vigilanza sono continuamente al lavoro per far defluire la folla, tutti i fedeli vorrebbero far durare quel momento molto più dei pochi

istanti concessi, ognuno vuol conservarne un ricordo, fosse anche solo una foto scattata col telefonino alla nicchia (che fino al 2000, per 37 anni, era stata la tomba di Giovanni XXIII,

prima del trasferimento nella Basilica). Poi ci si ferma inevitabilmente al sepolcro di San Pietro, proprio sotto l'altare maggiore, e anche lì altri scatti-souvenir.

   Molto meno gettonati gli altri Pontefici sepolti nelle Grotte, da Benedetto XV a Giovanni Paolo I, da Innocenzo IX a Giulio III, fino a Paolo VI. Di solito rapido, alla fine, il deflusso tra i sarcofagi paleocristiani, resti dell'antica chiesa del quarto secolo, le parti di mosaici, di cui uno attribuito a Giotto, i dipinti, le altre tombe tra cui quella seicentesca di Cristina di Svezia.  (ANSA).