WOJTYLA: UN ANNO DALLA MORTE, IL VUOTO CHE HA LASCIATO

 

Un anno senza Wojtyla. Un anno senza il primo Papa polacco della storia, che in oltre

26 anni di pontificato - il terzo per durata dall'epoca di San Pietro - era diventato la maggiore autorita' morale del pianeta, per quanto spesso contestato e discusso, comunque capace di

sfidare sui principi anche le potenze mondiali. Grande e incolmabile, per credenti e non, il vuoto lasciato da questa figura di così profondo carisma, da questo ''atleta di Dio'' che dopo aver contribuito a cambiare il corso della storia, anche nell'ultima fase di vita, piegato dalla malattia e ormai quasi incapace di parlare, continuava a incarnare la più alta testimonianza di fede e di tensione etica e religiosa.

   Dai giorni della sofferenza e dell'agonia, in cui il mondo intero ha trattenuto il fiato, dalla morte alle 21,37 di quel 2 aprile 2005, in una Roma invasa da milioni di fedeli, dai funerali celebrati venerdì 8 aprile dinanzi a tutti i potenti dello scenario internazionale, dall'invocazione del ''santo

subito'' elevatasi dalla base dei fedeli, ognuno a suo modo è ''orfano'' di Wojtyla. E' uscita di scena una figura di riferimento che ha esercitato la propria leadership morale in tanti campi dell'esistenza umana, non solo in quelli più strettamente legati alla spiritualità, sui quali pure ha traghettato la Chiesa dal secondo al terzo millennio.

   E' stato il Papa dei diritti umani e della solidarietà verso i più poveri e indifesi, della dignità del lavoro e dell'attenzione a nuovi equilibri internazionali, dei viaggi in ogni angolo del mondo, del perdono chiesto per le colpe della Chiesa e di quello concesso a colui che attentò alla sua vita

in Piazza San Pietro, del dialogo con le altre confessioni religiose - con le storiche visite a moschee e sinagoghe - e del continuo, tenace rifiuto della guerra come mezzo per risolvere le crisi tra gli Stati. Restera' nella storia, Giovanni Paolo II, soprattutto per essere stato una delle cause principali

della caduta del Muro: ne era consapevole lui stesso, che al compimento dei 75 anni, il 18 maggio del '95, ringraziò Dio per essere vissuto ''in un momento di svolta epocale per l'Europa, per il mondo e per la Chiesa''. Una svolta che, per intero, reca la sua impronta.

   Un Papa ''contemplativo e missionario'' - lo definì il suo successore Benedetto XVI parlando alla folla nell'anniversario dell'elezione, lo scorso 16 ottobre - che ''fu riconosciuto quale autorità morale anche da tanti non cristiani e non credenti''. E la sera stessa, nella prima intervista tv rilasciata all'emittente pubblica polacca: ''è stato il portavoce dei grandi valori dell'umanità - sottolineava

Ratzinger - e ha creato una nuova sensibilità verso l'importanza della religione nel mondo''. L'attuale Pontefice, nel raccogliere l'ardua e complessa eredità di Wojtyla, non ha mai perso occasione per ricordare il suo ''venerato predecessore'' così profondamente ''entrato nel cuore della

gente''. Nei tanti fedeli che non hanno mai smesso di accorrere sulla tomba, nel desiderio di partecipazione in vista delle celebrazioni per il primo anniversario, vibra proprio quel senso

di ''vuoto'' per l'assenza di un Pontefice il cui nome è scritto nella storia. In chi ricorda Giovanni Paolo resta però quell'appello che tanto colpì soprattutto i giovani: ''non abbiate paura''. Un incoraggiamento diventato per un'intera generazione un autentico viatico esistenziale. (ANSA).